lunedì 2 agosto 2010

IL CANTO DELLE SIRENE

Prima di passare ad analizzare i vari aspetti della Napoli odierna vorrei aggiungere delle tematiche e letture per ampliare il tema tradizionale della Sirena in generale.
Quindi riporto da Omero "Il canto della Sirena": fu qui che vennero menzionate per la prima volta, in modo da arrichire l'immaginario collettivo di figure mitologiche legate ai testi antichi:

Noi dietro la nave prua azzurra
buon vento mandava ch’empiva le vele, compa
gno gagliardo,
Circe riccioli belli, tremenda dea dalla parola umana.
Noi, manovrati presto tutti i paranchi, lungo la nave.
stavamo seduti: il vento e il pilota la dirigevano.
Ma io ai compagni parlavo sconvolto nel cuore:
"O cari, non devon conoscere uno o due soli

i fati che a me svela Circe, la dea luminosa:
ma li dir che possiamo o morire sapendolo,
o scampare, evitando la morte e la Chere.
Delle sirene dal canto divino per prima cosa ordinava
che fuggissimo e voce e prato fiorito.

A me solo ordinava d’udire quel canto; ma voi con legami
strettissimi dovete legarmi, perchè io resti fermo,
in piedi sulla scarpa dell’albero: a questo le corde m’attacchino.
E se vi pregassi, se v’ordinassi di sciogliermi,
voi con nodi più numerosi stringetemi!"

Cosi', le cose a una a una dicendo ai compagni, parlavo.
Intanto rapidamente giunse la nave ben fatta
all’isola delle Sirene, che la spingeva buon vento.
Ed ecco a un tratto il vento cessò; e bonaccia
fu, senza fiati: addormentò l’onde un dio.

Balzati in piedi i compagni la vela raccolsero,
e in fondo alla nave la posero; quindi agli scalmi
seduti, imbiancavano l’acqua con gli abeti politi.
Ma una gran ruota di cera col bronzo affilato
io tagliavo a pezzetti, li schiacciavo tra le mani gagliarde

In fretta s’ammorbidiva la cera, che la premeva gran forza
e la vampa del sole, del sire Imperione;
cose', in fila, gli orecchi a tutti i compagni turai.
Essi poi nella nave legarono me mani e piedi
dritto sulla scarpa dell’albero, a questo le corde fissarono.

Quindi, seduti, battevano il mare schiumoso coi remi.
Ma come tanto fummo lontani, quanto s’arriva col grido,
correndo in fretta, alle sirene non sfuggi' l’agile nave
che s’accostava: e un armonioso canto intonarono.
"Qui, presto, vieni, o glorioso Odisseo, grande vanto degli Achei,

ferma la nave, la nostra voce a sentire.
Nessuno mai si allontana di qui con la sua nave nera,
se prima non sente, suono di miele, dal labbro nostro la voce;
poi pieno di gioia riparte, e conoscendo pie cose.
Noi tutto sappiamo, quanto nell’ampia terra di Troia

Argivi e Teucri partirono per volere dei numi;
tutto sappiamo quello che avviene sulla terra nutrice"
cosi' dicevano alzando la voce bellissima, allora il mio cuore
voleva sentire, e imponevo ai compagni di sciogliermi,
coi sopraccigli accennando; ma essi a corpo perduto remavano.
E subito alzandosi Perimide ed Euriloco,
nuovi nodi legavano e ancora più mi stringevano.
Quando alla fine le sorpassarono, e ormai
nè voce più di Sirene udivamo, nè canto,
in fretta la cera si tolsero i miei fedeli compagni.

Da Odissea, libro XII, vv.148-200


Bisogna dire che si riconoscono tre temi in questa figura:

1) l'incantesimo della voce, 2) la femminilità perturbante, 3) la collocazione ai margini del mondo e dell'umano.

Alcune fonti figurative consentono di capire che nell'immaginario greco la Sirena era un essere ibrido dal corpo di uccello e dal volto umano. Negli sviluppi successivi dell'arte greca esse acquistano via via un aspetto più umano; vengono dotate di braccia e mani, utilizzate per impugnare strumenti musicali, l'aulòs o flauto a due canne e la lira.
Spesso si accompagna alle due Sirene musicanti una terza ritratta in atto di cantare. In cosa consistesse il canto delle Sirene è stato oggetto di dibattito critico per secoli; oggi si ritiene che esso fosse in collegamento con la sfera rituale.
Prima in Asia Minore, già dal VI secolo a. C. e poi anche in Attica dopo il IV secolo a.C., è d'uso porre statue di Sirene musicanti a segnacolo di sepolture, con allusione al canto funebre che accompagnava il defunto durante le esequie.Le fonti ricordano che sia la tomba di Sofocle che quella di Isocrate erano decorate da un'immagine di Sirena.
Nell'Elena di Euripide, Elena intende intonare un canto di dolore per le perdite e i lutti seguiti alla guerra di Troia; il coro la invita ad evocare "le vergini figlie della Terra, le Sirene". Questo passo chiarisce il loro coinvolgimento con la sfera funeraria in quanto conoscono il tipo di canto appropriato per mettere in comunicazione vivi e morti, recando consolazione ai primi.
Ma se il loro canto appare il più appropriato per il rituale funerario, esso non si limita a questo: nel Partenio 2 di Pindaro una coreuta afferma di voler imitare con il suono dell' aulòs (strumento musicale aerofono usato nell'Antica Grecia)
la voce della Sirena capace di eccitare le tempeste e l'impeto del mare.
Il canto della Sirena sembra in grado di controllare e scatenare gli elementi naturali, il vento in particolare; anche Esiodo nel Catalogo delle Donne afferma che sono loro ad incantare i venti.

Il ruolo del canto è dunque di tipo rituale, a protezione dai fenomeni atmosferici e connesso con un culto agrario. La Sirena è l'esperta cui gli uomini si rivolgono per mettersi in contatto con la sfera divina.
A confermare le fonti letterarie sono anche le arti figurative; su molti vasi dipinti è presente la Sirena in un contesto rituale spesso collegato al dionisismo e al mondo del vino, dove sono ritratte insieme a danzatori recanti coppe e tralci di vite.
La qualità del suono del canto delle Sirene doveva ricordare, per tornare a Odisseo, il suono ripetitivo e modulato dei canti rituali ancora in uso presso alcuni popoli mediterranei, il cui effetto ipnotico è simile al ronzio delle api o al frinire della cicala, o al chiacchiericco ( in dialetto napoletano "nciuciare") delle donne.

Sono molteplici quindi le qualità e gli obiettivi di tali figure, riassunte cosi' in schema

1- Evocazione a scopo funerario per mettere in comunicazione vivi con i morti ma nellos tesso tempo ritualità per gli inni al raccolto nuovo, alla fertilità e alla germinazione secondo un ideale prettamente dionisiaco.

2- Qualita' musicale particolare basata sull'imitazione di suoni della natura e in particolare ripetizione ellittica ed ipnotica volta a catturare l'ascoltatore e a non dargli via di scampo.Quindi nel canto vi è una totalità assoluta che intende imporsi a tutti i sensi, facendone un tutt'uno.

Se le Muse cantano per gli dei, le Sirene cantano per gli uomini.
Inoltre le Muse nell'Inno ad Apollo si definiscono sue seguaci e al loro canto si accompagna la danza delle Cariti, delle Ore, di Armonia, Febe ed Afrodite. Esse incarnano la charis ossia la piacevolezza estetica, il bello in sè, fruito in piena consapevolezza, mentre le Sirene evocano lo sconvolgimento dionisiaco e la perdita di sé nel parossismo rituale.

Un altro importante elemento di traccia storica è Delfi e il santuario e l'oracolo del dio Apollo: questi elementi ci chiariscono l'identità della figura della Sirena.
Da un frammento di Pindaro (Peana 8) il poeta ricostruisce la storia del santuario di Delfi, già molto antica al tempo del poeta.
Prima del tempio di pietra vi furono a Delfi tre templi primitivi: uno costruito con rami di alloro a forma di capanna, il successivo fatto di cera di api e piume di uccello, poteva volare, e lo fece infatti fino al paese degli Iperborei; il terzo di bronzo, opera di Atena ed Efesto, sul cui frontone cantavano sei incantatrici (Keledones) d'oro.
Gli Olimpi distrussero questo tempio sprofondandolo in una voragine della Terra perchè questo canto causava l'oblio delle occupazioni consuete e della famiglia negli uomini . Erano dunque le Sirene queste mitiche incantatrici delfiche?
Sappiamo dall'inno pseudo-omerico ad Apollo che il culto del dio si insediò a Delfi scalzando un precedente culto della Madre Terra. Il mito delle Keledones dalla voce di Sirene precipitate sotto terra potrebbe rappresentare simbolicamente l'affossamento dell'antica religione ctonia e l'insediamento della sacerdotessa Pizia ispirata da Atena e Mnemosyne il nuovo ordine olimpico. All'antica potenza della voce tratta direttamente dal contatto con le potenze telluriche si sostituisce un ordine di mediatori divini (gli dei olimpici) custodi del potere e del sapere del mondo superiore.
Sempre a Delfi Filostrato ci testimonia che appese al soffitto del tempio in antichità fossero appese delle iynges d'oro che possedevano il fascino delle Sirene.
La iynx era una ruota dotata di un'impugnatura che si faceva girare per ottenere un incantesimo d'amore. Secondo Pindaro fu Afrodite ad inventare la iynx per legare d'amore Medea e Giasone:
infatti secondo una leggenda questa ruota simboleggiava la ninfa Lynx tramutata in uccello da Afrodite perchè questa, con tutte le sue sorelle, rischiavano per bellezza e capacitàa di cantodi far concorrenza nel campo musicale alle Muse che invece avevano il primo posto.
Nell'antica Grecia mitologica tutto ha un fine ben preciso e tutto viene a coincidere per una utilizzazione e tutte le storie si intersecano alle altre.
Quindi una volta tramutatasi in uccello Giasone l'avrebbe utilizzata secondo un preciso rito fatto di movimenti e parole per invocare l'amore della sua Medea.
Lo strumento era noto nell'antichità nelle pratiche magiche ed incantatorie, e la sua presenza a Delfi rafforza il tema dell'incantesimo della voce di tipo sirenico.
Nella grecità orientale la Sirena assume dunque un carattere di demone del suono legato al culto della Terra, alle credenze antiche appartenenti alla religione pre-olimpica praticata nell'antico santuario delfico.
In Occidente la figura della Sirena appare inserita in un filone parallelo a quello omerico, testimoniato anche dall'abbondanza di nomi geografici dell'Italia meridionale legato ad esse, da un gruppo di isole presso la penisola sorrentina note come Sirenusse o un luogo presso la stessa penisola detto "scoglio delle Sirene". Molti santuari legati al loro culto costellavano le coste tirreniche ed anche si venerava una tomba della Sirena, legata alla leggenda che le vedeva gettarsi in mare per lo scorno subito dallo stratagemma di Odisseo.
Esse erano conosciute in occidente coi nomi di Partenope (Voce Verginale), Ligeia (La Squillante) Leucosia (la Dea Bianca) e i loro santuari erano non casualmente disposti lungo le linee della colonizzazione greca del Tirreno meridionale tra lo stretto di Messina e il golfo di Napoli. Erano divinità legate al mare e alla costa e venerate come demoni benevoli poste a tutela dei naviganti nei bracci di mare pericolosi.

Mentre nella madrepatria la raffigurazione della Sirena rimane alquanto limitata, nell'arte greca d'Occidente essa diviene un motivo iconografico frequente. Il suo atteggiamento non è triste come quello della Sirena funeraria vista in Attica, ma appare al contrario in contesti di lietitudine e benessere; frequente è il motivo della Sirena musicante che suona l'aulòs in mezzo a tralci di vite e vegetazione lussureggiante.
L'iconografia occidentale della Sirene risente fortemente di un tipo di spiritualità che si diffonde nelle colonie magnogreche tra IV e III secolo a.Cr., permeata dalle dottrine religiose pitagoriche ed orfiche. Al centro di queste credenze è posta la fede nell'immortalità dell'anima ed il suo ricongiungimento con il divino dopo la morte e la liberazione dal corpo.
Nella pittura che decora vasi destinati al corredo funebre dei defunti la Sirena occupa abitualmente la parte alta del vaso, a chiudere e quasi coronare le scene mitologiche raffigurate nella parte centrale del vaso, di significato vario ma sempre legate alla conquista dell'immortalità e al futuro soggiorno dell'anima nel regno dei Beati.
Figure di Sirene compaiono anche su vasi destinati al corredo nuziale della donna, cui sono spesso associate esseri mitologici appartenenti al corteggio di Afrodite, come Eros e i piccoli eroti volanti, e dionisiaco, come i Satiri, a simboleggiare come nel matrimonio si perpetui un'idea di rigenerazione della vita che a livello ultraterreno è rappresentato dal dio Dioniso fatto a pezzi dai Titani e risorto a nuova vita. La Sirena rappresenta qui l'estasi provata dall'anima nella riunificazione col divino e lo stesso stato di beatitudine eterna per l'anima di chi durante la vita ha compiuto il necessario percorso di purificazione.


La Sirena occidentale diventa inoltre sempre più connotata da un'aura erotica; la rappresentazione del busto florido, i capelli accuratamente intrecciati di nastri, l'ornamento di gioielli alle orecchie ed al collo, contribuiscono a dare alla Sirena un aspetto seduttivo simile a quello di una giovane etera. Anche nella Commedia di epoca ellenistica il paragone etere/Sirene viene più spesso alla luce, spia di una desacralizzazione della Sirena mitologica sempre più evidente.
Ma anche in tempi antichi il legame tra Sirena ed Afrodite è attestato, se non dal culto ufficiale , dall'uso quotidiano di ornare con immagini di Sirena oggetti di toeletta femminili come specchi, vasi per l'acqua, contenitori per cerimonie nuziali.
Nei testi letterari si viene precisando il legame tra Sirena e mondo femminile dell'adolescenza, già nella lirica corale e definitivamente nella tragedia (per Sofocle esse sono le Korai, le fanciulle, Euripide le chiama parthenoi); assimilandole ad altri ibridi femminili della mitologia greca come la Sfinge detta meixoparthenos da Euripide nelle Fenicie, e come l'echidna incontrata da Eracle in Erodoto.
Secondo i racconti mitici esse erano presenti al ratto di Persefone da parte di Ade, momento cruciale in cui la fanciulla passa alla condizione di gyne, donna sposata e regina del mondo dei morti; ma non seguono la fanciulla nel suo processo di trasformazione.
Secondo altre tradizioni furono fanciulle punite da Afrodite per avere trascurato l'amore e mutate in uccelli; mentre una delle la leggende di Partenope racconta che essa fuggì dai propri pretendenti, si tagliò i capelli e si rifugiò nel golfo di Napoli da cui la città prese il nome.

Capiamo quindi la ritualità che c'e' dietro la figura della Sirena, e i valori estetici e psico-spirito-corporali legati alla Vergintà e alla Purezza che caratterizzavano queste figure le une dalle altre.

Ritornando alla storia abbiamo una conferma: sia Senofonte che Plutarco parlano di complessi riti di passaggio che si svolgevano presso il tempio per le ragazze: si trattava dal passaggio al servizio della dea, che comprendeva la partecipazione a gruppi femminili e cori dediti al canto e alla danza rituali, all'ingresso nella comunità cittadina in forma di mogli e madri atrraverso le nozze, spesso rappresentate nei pinakes votivi col motivo del ratto, come quello di Elena rapita da Teseo mentre era al servizio del tempio.
La Sirena si accompagna come simbolo visivo a quella stagione della femminilità ancora senza esperienza e in certo senso selvaggia, non addomesticata dall'incontro con l'uomo e dalla maternità.


Vediamo come convivano e trovino fusione entro una unica figura valori che potrebbero essere dicotomici: vergine o sposa o adescatrice, erotismo ed educazione sentimentale al matrimonio,
capacità di invocazione nei riti funebri ed invocazione alla generativa fertilità anche sessuale, soprattutto pura ed incontaminata.
Elementi questi tutti che indicano quegli importanti momenti passaggio e formazione dell'identità delle donne e che ci portano ad individuare una demarcazione limite, come vedremo poi.

Bisogna però fare le giuste distinzioni di fronte alla generalità degli elementi costitutivi di questa figura mitologica e l'acqua ci aiuterà.

Come esseri mitologici vicini al mondo dell'acqua, è inevitabile un accostamento tra Sirene e Ninfe.
La Ninfa fa parte di quel vasto corteggio di esseri che vivono immersi nella natura fra boschi e fonti, come Satiri, Cureti, Sileni, il dio Pan. Il loro potere è quello di far cadere in uno stato di ispirazione poetica o follia chi è sotto il loro influsso, come accadde a Socrate nel Fedro platonico. Una Ninfa, Dafni, ricopriva nei tempi pre-apollinici a Delfi il ruolo profetico che venne poi assegnato alla Pizia dopo la conquista di Apollo.
La ninfa Calipso trattenne con magici poteri di seduzione il naufrago Odisseo per sette lunghi anni prima di concedergli il ritorno a casa.
Ammaliatrici entrambe, Sirene e Ninfe condividono la vicinanza all'elemento idrico, nella specie le acque dolci: abitatrici di fiumi e fonti le Ninfe, figlie di Acheloo le Sirene secondo il mito, il principe di tutti i fiumi, principio generatore di tutte le acque che scorrono e delle loro fonti.
Già note come figlie della Terra in Euripide, la presenza di statue di donne-uccello presso il santuario di Artemide Stinfalia a Stinfalo, nell'Arcadia, che si trovava presso un luogo famoso per le sue paludi, precisa una ulteriore loro caratteristica: esse abitano luoghi dove terra ed acqua si toccano, come appunto presso le paludi, o le rocce sul mare dove incontrano Odisseo.
Secondo una variante del mito esse nascono dal sangue scaturito da un corno del dio Acheloo, rappresentato con testa di toro, strappatogli via da Eracle durante la loro lotta; dal sangue che feconda la terra nascerebbero le divine incantatrici.
Le ninfe come le Sirene quindi occupano il territorio simbolico dell'energia sessuale pura e incontaminata, in procinto di sbocciare alla pienezza; nymphe era infatti anche il nome della ragazza in età di sposarsi, e della giovane moglie.


Più spesso l'acqua è l'elemento che segna il confine tra il loro mondo e quello civilizzato; in Apuleio la maledizione delle due lamie colpisce i protagonisti dopo aver passato il fiume. Presso i corsi d'acqua vivono le Ninfe e le ondine, le cui eredi del folclore medievale attirano ancora a sè i malcapitati e ne fanno i loro amanti o peggio li divorano.
In epoca medievale la leggenda delle creature acquatiche femminili prende la forma del racconto di Melusina scritto verso il 1400 da Jean d'Arras, che si rivela una donna-serpente. Note al folclore medievale sono anche le donne-cigno, in grado di spogliarsi del fitto piumaggio a loro piacimento.
Tutte queste creature abitano in zone di confine: boschi, corsi d'acqua, fonti esterne alla città.
Lo stesso fiume Acheloo, padre delle Sirene, costituiva nella sua realtà geografica il confine dell'Etolia e dell'Acarnania, regioni al confine nord-ovest del mondo civilizzato delle poleis greche.


Proprio questa dimensione del limite e del confine è forse quella più adatta a spiegare "cosa" simboleggiasse in definitiva la Sirena dell'antichità, cosa cioè fosse reso chiaro dalla sua presenza: la segnalazione di un limite, il passaggio a qualcosa d'altro; e ciò è vero sia quando i santuari delle Sirene nel mare Tirreno segnalavano l'inizio della zona degli empori commerciali per chi veniva da oriente; sia in senso figurato, essendo presenti nella simbologia legata ai riti di passaggio femminili tra infanzia ed età adulta; sia sottolineando il passaggio più cruciale, la fine della vita umana e il transito verso le sedi oltremondane nei riti funerari.
Legata a culti ben più antichi di quelli della religione olimpica, la Sirena greca testimonia sia lo sgomento e il terrore che oltrepassare un limite comporta, sia la promessa seduttiva di orizzonti diversi e più avanzati.
La Sirena Partenope
(termine che in greco significa "vergine”) fa propri questi elementi di passaggio e formazione- delimitazione rafforzandosi con quegli altri elementi di fusione sopracitati: elasticità e flessibilità di fondere le dicotomie in uno, caratteristica da sempre di tutti i Napoletani.
Inoltre, tenendo conto di tutte le leggende pervenuteci, questa figura fa propria il tributo all'amore non compiuto per disperazione insieme all'inno dell'amore perfetto di innamorarsi a Napoli.



Che questa Vergine Partenope sia fuggita dai suoi pretendenti o dalla insensibilità di Ulisse, che
non sia riuscita a sopravvivere ad una tempesta durante il viaggio e sia poi stata seppellita a castel dell'Ovo, o invece che piu' felicemente sia potuta partita dalla sua Grecia vedendo in questa terra Italica un nuovo fertile paradiso puro (ove ebbe felicemente 13 figli e venne in seguito raggiunta da tutta la sua famiglia originaria) si puo' dire che tutte queste storie, che storie solamente non lo sono, costituiscono in modo mitico e reale la vera identità di Napoli, sin dai tempi della sua origine.


Con queste informazioni ho solamente introdotto alcune basilari informazioni e riferimenti al mondo culturale che esiste in virtu' degli archivi del saopere delle epoche trascorse, materiale unico e che tutti dovremo conoscere per capire che il futuro è fatto del suo passato.








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