giovedì 26 agosto 2010

La Sirena Ritrovata: il percorso delle sue Gambe

Infine dopo aver visitato il ventre della Sirena, che è Napoli stessa, ci avvicendiamo alla luce del giorno a percorrere i suoi arti inferiori a forma di pesce, una lunga dritta linea che finisce con una biforcazione a forma di pinna.

Questa parte è ben rappresentata da Spaccanapoli:

Il nome deriva dal fatto che divide nettamente la città tra il nord e il sud seguendo l'antico tracciato del decumano inferiore (il più vicino al mare) del sistema di decumani e cardini del Centro Antico. Il decumano centrale e quello superiore di Via dell'Anticaglia non hanno mantenuto l'intero sviluppo dell'epoca greco-romana, a seguito di successivi interventi urbanistici.
Durante il Rinascimento la via subì enormi cambiamenti, le strutture gotiche già citate vennero rimaneggiate oppure si realizzarono edifici sui suoli di antichi palazzi demoliti. I principali architetti del rinascimento napoletano furono il Mormando e il Di Palma che progettarono il Palazzo Marigliano e Palazzo Pinelli.

Durante il '500, il Viceré Don Pedro de Toledo avviò un processo di espansione territoriale verso la collina di San Martino e allineò Spaccanapoli con un'arteria dei Quartieri Spagnoli, in modo da collegarli con il centro della città per favorire gli spostamenti.

Tra il '600 e il '700 gli edifici privati e di culto subirono numerosi rimaneggiamenti. Nell'800 alcuni palazzi vennero di nuovo ripristinati nelle forme originali per la loro importanza, e solo nel secolo scorso, a causa del Secondo Conflitto Mondiale la chiesa di Santa Chiara riprese la sua struttura gotica celata dagli stucchi settecenteschi.

Questa parte inferiore del corpo figurato della Sirena Napoletana offre i piu' diversi ambienti di attrazione diversi tra loro: infatti percorrendo gli ultimi metri di Via Benedetto Croce, si giunge a Piazzetta Nilo, il cosiddetto Corpo di Napoli, con la statua del dio Nilo, di oltre duemila anni fa, uno delle più antiche testimonianze del passato della città. Da lì parte Via San Biagio dei Librai, il tratto più antico, ove troviamo su uno dei tre decumani maggiori dell’antica città greco-romana, ed anche il più turistico: fra negozi di souvenir, botteghe artigiane, antiquari e venditori di prodotti eno-gastronomici tipici, si giunge ad incrociare la famosa San Gregorio Armeno, la celebre strada dei presepi, visitabile tutto l’anno e di grande suggestione, e poco più avanti, al termine della via dei presepi, si trova a piazza San Gaetano uno degli ingressi alla Napoli sotterranea .

Con degustazioni di ogni tipo offerte da vari e rinomati ristoranti e pizzerie, l'occasionale Turista trova modo di sfamarsi delle piu' gustose ricette della tradizione partenopea, gustando allo stesso tempo l'atmosfera dei quartieri popolari.
Questa parte della nostra Sirena e' forse quella che piu' tende a soddisfare l'occhio e l'appetito e le aspettative del Turista, che si avvicina sempre piu' a scoprire quello che e' l'oscuro oggetto del desiderio che trasborda da tutti i vicoli di Napoli.



La Sirena Ritrovata: il suo Ventre

Questo secondo post sulla "Sirena ritrovata" ripercorre la metafora del corpo della Sirena ricalcata sulle zone di Napoli che piu' hanno reso famosa questa città e che ne rappresentano il nucleo di maggiore importanza storica.

Il Turista sottoscritto dopo essersi inebriato della morbida dolcezza profumata del volto di caffe' della Sirena si e' sentito improvvisamente pronto per una esperienza nuova al di fuori dei limiti, nel vero senso del termine.

Il ventre della sirena e' La Napoli Sotterranea: dove al fuori corrisponde immancabilmente un dentro, una cavità vuota che ha dato da mangiare e da costruire ai suoi abitanti per secoli ed ora li accoglie per un viaggio ultraterreno o oserei dire "sotterraneo".
Inizialmente il materiale principale della terra dei napoletani è stato il tufo:questa pietra gialla e malleabile tanto quanto e' forte alle modificazioni che si operano su di essa, ha fatto in mdo che Napoli crescesse su cio' che aveva sottratto al sottosuolo.
Successivamente aveva accolto fuori le mura la Catacombe di San Gennaro per il seppellimento dei defunti.

Ora essa e' un attrattiva grande, richiama a se' con la magia dei secoli della storia che essa porta in grembo: fertile all'incontrario con il suo vuoto ha dato vita a tutta la città.
Ora il ventre di Napoli con il suo cimitero delle Fontanelle al rione Sanità e i
l Miglio Sacro, offrono itinerari affascinanti : il primo da via Foria fino alla collina di Capodimonte, e il secondo, lungo un miglio, dalla tomba di S. Gennaro fino al suo Tesoro.
Questi percorsi sono le viscere che contengono il sangue ancor vivo della città, che e' fatto della storia che ancora fanno circolare e attirano curiosi e gente da tutto il mondo.
Come ho detto in qualche post precedente, il ventre di Napoli f
onde la dicotomia di vita e morte,
dato che se in passato il cimitero veniva usato per dar sepoltura alle "anime pezzentelle" (anime povere), ora essa rimane piena dei misteri dei riti e delle credenze di suggestione pagana.
La cura dei teschi presenti nel Cimitero delle Fontanelle, infatti, ha davvero poco a che fare con il cattolicesimo e si va a collocare in quella strana miscela di sacro e profano che pervade tutta la tradizione napoletana.
I devoti sceglievano un teschio, lo pulivano e costruivano un altarino con lumini e rosari. Iniziavano a pregare per l'anima prescelta che, attraverso il sogno, si manifestava.Lo spirito chiedeva che gli venissero rivolte delle preghiere per alleviare le pene del purgatorio. Il devoto, una volta tornato al Cimitero delle Fontanelle, abbelliva ancora di più l'altare, continuava a pregare e, in cambio, chiedeva una grazia.
Solitamente, questa consisteva nella comparsa in sogno dello
spirito, che consigliava i numeri da giocare al lotto. Se la grazia avveniva, il teschio veniva posto in un luogo più protetto: una scatola di latta, per chi non aveva disponibilità, teche di vetro o veri e proprio loculi per chi poteva permetterselo. Se la grazia non arrivava, il teschio tornava assieme a tutti gli altri e veniva scelto un altro con il quale si iniziava la stessa trafila.
La tradizione vuole che quando lo spirito compie la grazie, il teschio inizi a sudare, indicando in questo modo la sua intercessione nel mondo dei vivi. In realtà,
l'alto tasso di umidità della cava fa formare goccioline di condensa sui teschi, facendoli sembrare sudati.

Capiamo quindi che il ventre di Napoli e' giocoso di fronte alla morte e tenta sempre di ricavare un guadagno da qualunque cosa come ha imparato dai secoli di miseria, che ha reso queste viscere sagge e temerarie ma sempre piene di fede.
Questo ventre di buio e di luce era anche in grado di trasformare gli uomini e di nuovo fondeva in se' l'antitesi di cio' che l'uomo stesso è di fronte a Dio, nel fare cio' che il bene è per Dio e il bene che è per l'uomo: infatti una delle sala del Cimitero delle Fontanelle, quella chiamata il "Tribunale", secondo una leggenda secolare, era il luogo in cui avveniva l'iniziazione dei giovani camorristi, che qui pronunciavano il loro giuramento, scendendo nella cava come uomini e risorgendo alla luce del giorno come affiliati alla congregazione criminale.
E' di nuovo questa la doppiezza che va dalle viscere della città al popolo Napoletano.

Il Turista sarà affascinato dal mistero dell'oscurità e considererà la luce in modo diverso, questo biancore del ventre della sirena, che e' stata cisterna per l'olio che ha sfamato i cittadini e luogo di conserva per le carni, e il sepolcro stesso degli antenati Napoletani.
Di nuovo vita e morte, fame viva e sazietà sfamata, nascita di luce e morte di oscurità, fede nell'aldilà e risultati in terra, come al gioco del lotto, antro immane pieno di sfarzo e ricchezze di
Lucio Licino Lucullio e rifugio di senza casa e poveracci.




La Sirena Ritrovata: il suo Volto.

Dopo estenuanti ricerche tra i vicoli e i posti piu' importanti di Napoli durante l'afa estiva, mi sono trasformato in Turista-Pendolare e ho trovato la Sirena.
C'e' ne voluto di tempo per mettere insieme i pezzi del suo discorso e del percorso fatto per raggiungerla al di la' della profondità delle apparenze.

La Sirena Partenopea che ho trovato è un corpo immenso di particolari attrattive: ha un volto, un ventre e delle gambe che finiscono con una pinna.

Vorrei cominciare partendo dalla descrizione del suo volto, i cui occhi divengono tutt'uno con il colore ambrato marrone del caffe': allo stesso modo essi trasmettono un aroma profondo, rotondo, aromatico e sembrano in procinto di scoppiare, come se stessero trattenendo qualcosa di esplosivo, una forza immane e una purezza oltre ogni limite.
La profondità dello sguardo rimanda alle qualità di questa bevanda, che a Napoli città dissemina i vicoli e le strade come tanti nodi e terminali nervosi.
La stimolazione e l'agitazione del caffe' divengono le prime sensazioni che il Turista ha una volta approcciato il suo volto denso e liquido: acqua pura trasformata in scuro caffè è la magia che ci abitua al suo essere frenetico ma sempre controllato di fronte alla miriade di emozioni che stimolano noi che veniamo in contatto con il suo essere.
Come una "tazzulell' è cafè" il suo corpo è bianco di porcellana, scottante come appena uscito dall'acqua bollente, e include la magia di questo colore marrone tendente al nero ma anche al giallo dorato nelle sue sfumature di cremosità, infatti la prima sensazione che ce ne perviene è la dolce sofficezza e unitarietà della morbidezza del volto.
Questa iniziale tenerezza lascia poi posto alla aggressività e al calore e a tutte le qualità del suo aroma: lascia traspirare il corpo e aumenta il fervore del cuore, rende viva al massimo l'immaginazione.
Un elemento che rende ancor piu' magico il volto di questa Napoli "Sirena Partenopea" e' il fatto che a guardare il suo volto, perveniamo ad una conoscenza fatta di piu' elementi misti tra loro: l'olfatto ci porta a sentire l'aroma misterioso e magico che si addiziona all'immagine del volto.
Questa fusione tra elementi percettivi aumenta le sensazioni ed è la caratteristica principale del potere della Sirena di attirare a se' chi si avvicina, inoltre, chi conosce il sapore e la sensazione di esplosione trattenuta dei suoi occhi marroni,sa di non poter piu' farne a meno.
Inoltre la Sirena si difende anche, e innalza i suoi trucchi e ci fa pensare di baciarla ogni volta che alziamo la tazzina alla bocca e ci inebriamo del suo odore e sapore profondo ed eccitante.

Cosi' la magia si ripete ogni giorno dalla mattina presto alla sera e scandisce gli inizi e la fine di ogni attività dell'Uomo.
Miriadi di luoghi deputati al culto del Caffe' fanno di Napoli una città che accogli e lo spirito umano che è alla ricerca dei significati del vivere, accudisce inoltre tutti i lavoratori nelle loro fatiche donando ristoro e fornendo forza per i compiti piu' ardui.
Da' inoltre gioco e ristoro per tutti quelli che cercano un posto dove poter parlare tra loro e affrontare criticamente gli eventi del mondo nel continuo naufragare verso un "infinito" eterno di calore e dolcezza, richiamati dalla voce che si fa profumo di caffe' dagli occhi marroni dorati ed esplosivi -fissi, che sono la bellezza stessa.

lunedì 2 agosto 2010

IL CANTO DELLE SIRENE

Prima di passare ad analizzare i vari aspetti della Napoli odierna vorrei aggiungere delle tematiche e letture per ampliare il tema tradizionale della Sirena in generale.
Quindi riporto da Omero "Il canto della Sirena": fu qui che vennero menzionate per la prima volta, in modo da arrichire l'immaginario collettivo di figure mitologiche legate ai testi antichi:

Noi dietro la nave prua azzurra
buon vento mandava ch’empiva le vele, compa
gno gagliardo,
Circe riccioli belli, tremenda dea dalla parola umana.
Noi, manovrati presto tutti i paranchi, lungo la nave.
stavamo seduti: il vento e il pilota la dirigevano.
Ma io ai compagni parlavo sconvolto nel cuore:
"O cari, non devon conoscere uno o due soli

i fati che a me svela Circe, la dea luminosa:
ma li dir che possiamo o morire sapendolo,
o scampare, evitando la morte e la Chere.
Delle sirene dal canto divino per prima cosa ordinava
che fuggissimo e voce e prato fiorito.

A me solo ordinava d’udire quel canto; ma voi con legami
strettissimi dovete legarmi, perchè io resti fermo,
in piedi sulla scarpa dell’albero: a questo le corde m’attacchino.
E se vi pregassi, se v’ordinassi di sciogliermi,
voi con nodi più numerosi stringetemi!"

Cosi', le cose a una a una dicendo ai compagni, parlavo.
Intanto rapidamente giunse la nave ben fatta
all’isola delle Sirene, che la spingeva buon vento.
Ed ecco a un tratto il vento cessò; e bonaccia
fu, senza fiati: addormentò l’onde un dio.

Balzati in piedi i compagni la vela raccolsero,
e in fondo alla nave la posero; quindi agli scalmi
seduti, imbiancavano l’acqua con gli abeti politi.
Ma una gran ruota di cera col bronzo affilato
io tagliavo a pezzetti, li schiacciavo tra le mani gagliarde

In fretta s’ammorbidiva la cera, che la premeva gran forza
e la vampa del sole, del sire Imperione;
cose', in fila, gli orecchi a tutti i compagni turai.
Essi poi nella nave legarono me mani e piedi
dritto sulla scarpa dell’albero, a questo le corde fissarono.

Quindi, seduti, battevano il mare schiumoso coi remi.
Ma come tanto fummo lontani, quanto s’arriva col grido,
correndo in fretta, alle sirene non sfuggi' l’agile nave
che s’accostava: e un armonioso canto intonarono.
"Qui, presto, vieni, o glorioso Odisseo, grande vanto degli Achei,

ferma la nave, la nostra voce a sentire.
Nessuno mai si allontana di qui con la sua nave nera,
se prima non sente, suono di miele, dal labbro nostro la voce;
poi pieno di gioia riparte, e conoscendo pie cose.
Noi tutto sappiamo, quanto nell’ampia terra di Troia

Argivi e Teucri partirono per volere dei numi;
tutto sappiamo quello che avviene sulla terra nutrice"
cosi' dicevano alzando la voce bellissima, allora il mio cuore
voleva sentire, e imponevo ai compagni di sciogliermi,
coi sopraccigli accennando; ma essi a corpo perduto remavano.
E subito alzandosi Perimide ed Euriloco,
nuovi nodi legavano e ancora più mi stringevano.
Quando alla fine le sorpassarono, e ormai
nè voce più di Sirene udivamo, nè canto,
in fretta la cera si tolsero i miei fedeli compagni.

Da Odissea, libro XII, vv.148-200


Bisogna dire che si riconoscono tre temi in questa figura:

1) l'incantesimo della voce, 2) la femminilità perturbante, 3) la collocazione ai margini del mondo e dell'umano.

Alcune fonti figurative consentono di capire che nell'immaginario greco la Sirena era un essere ibrido dal corpo di uccello e dal volto umano. Negli sviluppi successivi dell'arte greca esse acquistano via via un aspetto più umano; vengono dotate di braccia e mani, utilizzate per impugnare strumenti musicali, l'aulòs o flauto a due canne e la lira.
Spesso si accompagna alle due Sirene musicanti una terza ritratta in atto di cantare. In cosa consistesse il canto delle Sirene è stato oggetto di dibattito critico per secoli; oggi si ritiene che esso fosse in collegamento con la sfera rituale.
Prima in Asia Minore, già dal VI secolo a. C. e poi anche in Attica dopo il IV secolo a.C., è d'uso porre statue di Sirene musicanti a segnacolo di sepolture, con allusione al canto funebre che accompagnava il defunto durante le esequie.Le fonti ricordano che sia la tomba di Sofocle che quella di Isocrate erano decorate da un'immagine di Sirena.
Nell'Elena di Euripide, Elena intende intonare un canto di dolore per le perdite e i lutti seguiti alla guerra di Troia; il coro la invita ad evocare "le vergini figlie della Terra, le Sirene". Questo passo chiarisce il loro coinvolgimento con la sfera funeraria in quanto conoscono il tipo di canto appropriato per mettere in comunicazione vivi e morti, recando consolazione ai primi.
Ma se il loro canto appare il più appropriato per il rituale funerario, esso non si limita a questo: nel Partenio 2 di Pindaro una coreuta afferma di voler imitare con il suono dell' aulòs (strumento musicale aerofono usato nell'Antica Grecia)
la voce della Sirena capace di eccitare le tempeste e l'impeto del mare.
Il canto della Sirena sembra in grado di controllare e scatenare gli elementi naturali, il vento in particolare; anche Esiodo nel Catalogo delle Donne afferma che sono loro ad incantare i venti.

Il ruolo del canto è dunque di tipo rituale, a protezione dai fenomeni atmosferici e connesso con un culto agrario. La Sirena è l'esperta cui gli uomini si rivolgono per mettersi in contatto con la sfera divina.
A confermare le fonti letterarie sono anche le arti figurative; su molti vasi dipinti è presente la Sirena in un contesto rituale spesso collegato al dionisismo e al mondo del vino, dove sono ritratte insieme a danzatori recanti coppe e tralci di vite.
La qualità del suono del canto delle Sirene doveva ricordare, per tornare a Odisseo, il suono ripetitivo e modulato dei canti rituali ancora in uso presso alcuni popoli mediterranei, il cui effetto ipnotico è simile al ronzio delle api o al frinire della cicala, o al chiacchiericco ( in dialetto napoletano "nciuciare") delle donne.

Sono molteplici quindi le qualità e gli obiettivi di tali figure, riassunte cosi' in schema

1- Evocazione a scopo funerario per mettere in comunicazione vivi con i morti ma nellos tesso tempo ritualità per gli inni al raccolto nuovo, alla fertilità e alla germinazione secondo un ideale prettamente dionisiaco.

2- Qualita' musicale particolare basata sull'imitazione di suoni della natura e in particolare ripetizione ellittica ed ipnotica volta a catturare l'ascoltatore e a non dargli via di scampo.Quindi nel canto vi è una totalità assoluta che intende imporsi a tutti i sensi, facendone un tutt'uno.

Se le Muse cantano per gli dei, le Sirene cantano per gli uomini.
Inoltre le Muse nell'Inno ad Apollo si definiscono sue seguaci e al loro canto si accompagna la danza delle Cariti, delle Ore, di Armonia, Febe ed Afrodite. Esse incarnano la charis ossia la piacevolezza estetica, il bello in sè, fruito in piena consapevolezza, mentre le Sirene evocano lo sconvolgimento dionisiaco e la perdita di sé nel parossismo rituale.

Un altro importante elemento di traccia storica è Delfi e il santuario e l'oracolo del dio Apollo: questi elementi ci chiariscono l'identità della figura della Sirena.
Da un frammento di Pindaro (Peana 8) il poeta ricostruisce la storia del santuario di Delfi, già molto antica al tempo del poeta.
Prima del tempio di pietra vi furono a Delfi tre templi primitivi: uno costruito con rami di alloro a forma di capanna, il successivo fatto di cera di api e piume di uccello, poteva volare, e lo fece infatti fino al paese degli Iperborei; il terzo di bronzo, opera di Atena ed Efesto, sul cui frontone cantavano sei incantatrici (Keledones) d'oro.
Gli Olimpi distrussero questo tempio sprofondandolo in una voragine della Terra perchè questo canto causava l'oblio delle occupazioni consuete e della famiglia negli uomini . Erano dunque le Sirene queste mitiche incantatrici delfiche?
Sappiamo dall'inno pseudo-omerico ad Apollo che il culto del dio si insediò a Delfi scalzando un precedente culto della Madre Terra. Il mito delle Keledones dalla voce di Sirene precipitate sotto terra potrebbe rappresentare simbolicamente l'affossamento dell'antica religione ctonia e l'insediamento della sacerdotessa Pizia ispirata da Atena e Mnemosyne il nuovo ordine olimpico. All'antica potenza della voce tratta direttamente dal contatto con le potenze telluriche si sostituisce un ordine di mediatori divini (gli dei olimpici) custodi del potere e del sapere del mondo superiore.
Sempre a Delfi Filostrato ci testimonia che appese al soffitto del tempio in antichità fossero appese delle iynges d'oro che possedevano il fascino delle Sirene.
La iynx era una ruota dotata di un'impugnatura che si faceva girare per ottenere un incantesimo d'amore. Secondo Pindaro fu Afrodite ad inventare la iynx per legare d'amore Medea e Giasone:
infatti secondo una leggenda questa ruota simboleggiava la ninfa Lynx tramutata in uccello da Afrodite perchè questa, con tutte le sue sorelle, rischiavano per bellezza e capacitàa di cantodi far concorrenza nel campo musicale alle Muse che invece avevano il primo posto.
Nell'antica Grecia mitologica tutto ha un fine ben preciso e tutto viene a coincidere per una utilizzazione e tutte le storie si intersecano alle altre.
Quindi una volta tramutatasi in uccello Giasone l'avrebbe utilizzata secondo un preciso rito fatto di movimenti e parole per invocare l'amore della sua Medea.
Lo strumento era noto nell'antichità nelle pratiche magiche ed incantatorie, e la sua presenza a Delfi rafforza il tema dell'incantesimo della voce di tipo sirenico.
Nella grecità orientale la Sirena assume dunque un carattere di demone del suono legato al culto della Terra, alle credenze antiche appartenenti alla religione pre-olimpica praticata nell'antico santuario delfico.
In Occidente la figura della Sirena appare inserita in un filone parallelo a quello omerico, testimoniato anche dall'abbondanza di nomi geografici dell'Italia meridionale legato ad esse, da un gruppo di isole presso la penisola sorrentina note come Sirenusse o un luogo presso la stessa penisola detto "scoglio delle Sirene". Molti santuari legati al loro culto costellavano le coste tirreniche ed anche si venerava una tomba della Sirena, legata alla leggenda che le vedeva gettarsi in mare per lo scorno subito dallo stratagemma di Odisseo.
Esse erano conosciute in occidente coi nomi di Partenope (Voce Verginale), Ligeia (La Squillante) Leucosia (la Dea Bianca) e i loro santuari erano non casualmente disposti lungo le linee della colonizzazione greca del Tirreno meridionale tra lo stretto di Messina e il golfo di Napoli. Erano divinità legate al mare e alla costa e venerate come demoni benevoli poste a tutela dei naviganti nei bracci di mare pericolosi.

Mentre nella madrepatria la raffigurazione della Sirena rimane alquanto limitata, nell'arte greca d'Occidente essa diviene un motivo iconografico frequente. Il suo atteggiamento non è triste come quello della Sirena funeraria vista in Attica, ma appare al contrario in contesti di lietitudine e benessere; frequente è il motivo della Sirena musicante che suona l'aulòs in mezzo a tralci di vite e vegetazione lussureggiante.
L'iconografia occidentale della Sirene risente fortemente di un tipo di spiritualità che si diffonde nelle colonie magnogreche tra IV e III secolo a.Cr., permeata dalle dottrine religiose pitagoriche ed orfiche. Al centro di queste credenze è posta la fede nell'immortalità dell'anima ed il suo ricongiungimento con il divino dopo la morte e la liberazione dal corpo.
Nella pittura che decora vasi destinati al corredo funebre dei defunti la Sirena occupa abitualmente la parte alta del vaso, a chiudere e quasi coronare le scene mitologiche raffigurate nella parte centrale del vaso, di significato vario ma sempre legate alla conquista dell'immortalità e al futuro soggiorno dell'anima nel regno dei Beati.
Figure di Sirene compaiono anche su vasi destinati al corredo nuziale della donna, cui sono spesso associate esseri mitologici appartenenti al corteggio di Afrodite, come Eros e i piccoli eroti volanti, e dionisiaco, come i Satiri, a simboleggiare come nel matrimonio si perpetui un'idea di rigenerazione della vita che a livello ultraterreno è rappresentato dal dio Dioniso fatto a pezzi dai Titani e risorto a nuova vita. La Sirena rappresenta qui l'estasi provata dall'anima nella riunificazione col divino e lo stesso stato di beatitudine eterna per l'anima di chi durante la vita ha compiuto il necessario percorso di purificazione.


La Sirena occidentale diventa inoltre sempre più connotata da un'aura erotica; la rappresentazione del busto florido, i capelli accuratamente intrecciati di nastri, l'ornamento di gioielli alle orecchie ed al collo, contribuiscono a dare alla Sirena un aspetto seduttivo simile a quello di una giovane etera. Anche nella Commedia di epoca ellenistica il paragone etere/Sirene viene più spesso alla luce, spia di una desacralizzazione della Sirena mitologica sempre più evidente.
Ma anche in tempi antichi il legame tra Sirena ed Afrodite è attestato, se non dal culto ufficiale , dall'uso quotidiano di ornare con immagini di Sirena oggetti di toeletta femminili come specchi, vasi per l'acqua, contenitori per cerimonie nuziali.
Nei testi letterari si viene precisando il legame tra Sirena e mondo femminile dell'adolescenza, già nella lirica corale e definitivamente nella tragedia (per Sofocle esse sono le Korai, le fanciulle, Euripide le chiama parthenoi); assimilandole ad altri ibridi femminili della mitologia greca come la Sfinge detta meixoparthenos da Euripide nelle Fenicie, e come l'echidna incontrata da Eracle in Erodoto.
Secondo i racconti mitici esse erano presenti al ratto di Persefone da parte di Ade, momento cruciale in cui la fanciulla passa alla condizione di gyne, donna sposata e regina del mondo dei morti; ma non seguono la fanciulla nel suo processo di trasformazione.
Secondo altre tradizioni furono fanciulle punite da Afrodite per avere trascurato l'amore e mutate in uccelli; mentre una delle la leggende di Partenope racconta che essa fuggì dai propri pretendenti, si tagliò i capelli e si rifugiò nel golfo di Napoli da cui la città prese il nome.

Capiamo quindi la ritualità che c'e' dietro la figura della Sirena, e i valori estetici e psico-spirito-corporali legati alla Vergintà e alla Purezza che caratterizzavano queste figure le une dalle altre.

Ritornando alla storia abbiamo una conferma: sia Senofonte che Plutarco parlano di complessi riti di passaggio che si svolgevano presso il tempio per le ragazze: si trattava dal passaggio al servizio della dea, che comprendeva la partecipazione a gruppi femminili e cori dediti al canto e alla danza rituali, all'ingresso nella comunità cittadina in forma di mogli e madri atrraverso le nozze, spesso rappresentate nei pinakes votivi col motivo del ratto, come quello di Elena rapita da Teseo mentre era al servizio del tempio.
La Sirena si accompagna come simbolo visivo a quella stagione della femminilità ancora senza esperienza e in certo senso selvaggia, non addomesticata dall'incontro con l'uomo e dalla maternità.


Vediamo come convivano e trovino fusione entro una unica figura valori che potrebbero essere dicotomici: vergine o sposa o adescatrice, erotismo ed educazione sentimentale al matrimonio,
capacità di invocazione nei riti funebri ed invocazione alla generativa fertilità anche sessuale, soprattutto pura ed incontaminata.
Elementi questi tutti che indicano quegli importanti momenti passaggio e formazione dell'identità delle donne e che ci portano ad individuare una demarcazione limite, come vedremo poi.

Bisogna però fare le giuste distinzioni di fronte alla generalità degli elementi costitutivi di questa figura mitologica e l'acqua ci aiuterà.

Come esseri mitologici vicini al mondo dell'acqua, è inevitabile un accostamento tra Sirene e Ninfe.
La Ninfa fa parte di quel vasto corteggio di esseri che vivono immersi nella natura fra boschi e fonti, come Satiri, Cureti, Sileni, il dio Pan. Il loro potere è quello di far cadere in uno stato di ispirazione poetica o follia chi è sotto il loro influsso, come accadde a Socrate nel Fedro platonico. Una Ninfa, Dafni, ricopriva nei tempi pre-apollinici a Delfi il ruolo profetico che venne poi assegnato alla Pizia dopo la conquista di Apollo.
La ninfa Calipso trattenne con magici poteri di seduzione il naufrago Odisseo per sette lunghi anni prima di concedergli il ritorno a casa.
Ammaliatrici entrambe, Sirene e Ninfe condividono la vicinanza all'elemento idrico, nella specie le acque dolci: abitatrici di fiumi e fonti le Ninfe, figlie di Acheloo le Sirene secondo il mito, il principe di tutti i fiumi, principio generatore di tutte le acque che scorrono e delle loro fonti.
Già note come figlie della Terra in Euripide, la presenza di statue di donne-uccello presso il santuario di Artemide Stinfalia a Stinfalo, nell'Arcadia, che si trovava presso un luogo famoso per le sue paludi, precisa una ulteriore loro caratteristica: esse abitano luoghi dove terra ed acqua si toccano, come appunto presso le paludi, o le rocce sul mare dove incontrano Odisseo.
Secondo una variante del mito esse nascono dal sangue scaturito da un corno del dio Acheloo, rappresentato con testa di toro, strappatogli via da Eracle durante la loro lotta; dal sangue che feconda la terra nascerebbero le divine incantatrici.
Le ninfe come le Sirene quindi occupano il territorio simbolico dell'energia sessuale pura e incontaminata, in procinto di sbocciare alla pienezza; nymphe era infatti anche il nome della ragazza in età di sposarsi, e della giovane moglie.


Più spesso l'acqua è l'elemento che segna il confine tra il loro mondo e quello civilizzato; in Apuleio la maledizione delle due lamie colpisce i protagonisti dopo aver passato il fiume. Presso i corsi d'acqua vivono le Ninfe e le ondine, le cui eredi del folclore medievale attirano ancora a sè i malcapitati e ne fanno i loro amanti o peggio li divorano.
In epoca medievale la leggenda delle creature acquatiche femminili prende la forma del racconto di Melusina scritto verso il 1400 da Jean d'Arras, che si rivela una donna-serpente. Note al folclore medievale sono anche le donne-cigno, in grado di spogliarsi del fitto piumaggio a loro piacimento.
Tutte queste creature abitano in zone di confine: boschi, corsi d'acqua, fonti esterne alla città.
Lo stesso fiume Acheloo, padre delle Sirene, costituiva nella sua realtà geografica il confine dell'Etolia e dell'Acarnania, regioni al confine nord-ovest del mondo civilizzato delle poleis greche.


Proprio questa dimensione del limite e del confine è forse quella più adatta a spiegare "cosa" simboleggiasse in definitiva la Sirena dell'antichità, cosa cioè fosse reso chiaro dalla sua presenza: la segnalazione di un limite, il passaggio a qualcosa d'altro; e ciò è vero sia quando i santuari delle Sirene nel mare Tirreno segnalavano l'inizio della zona degli empori commerciali per chi veniva da oriente; sia in senso figurato, essendo presenti nella simbologia legata ai riti di passaggio femminili tra infanzia ed età adulta; sia sottolineando il passaggio più cruciale, la fine della vita umana e il transito verso le sedi oltremondane nei riti funerari.
Legata a culti ben più antichi di quelli della religione olimpica, la Sirena greca testimonia sia lo sgomento e il terrore che oltrepassare un limite comporta, sia la promessa seduttiva di orizzonti diversi e più avanzati.
La Sirena Partenope
(termine che in greco significa "vergine”) fa propri questi elementi di passaggio e formazione- delimitazione rafforzandosi con quegli altri elementi di fusione sopracitati: elasticità e flessibilità di fondere le dicotomie in uno, caratteristica da sempre di tutti i Napoletani.
Inoltre, tenendo conto di tutte le leggende pervenuteci, questa figura fa propria il tributo all'amore non compiuto per disperazione insieme all'inno dell'amore perfetto di innamorarsi a Napoli.



Che questa Vergine Partenope sia fuggita dai suoi pretendenti o dalla insensibilità di Ulisse, che
non sia riuscita a sopravvivere ad una tempesta durante il viaggio e sia poi stata seppellita a castel dell'Ovo, o invece che piu' felicemente sia potuta partita dalla sua Grecia vedendo in questa terra Italica un nuovo fertile paradiso puro (ove ebbe felicemente 13 figli e venne in seguito raggiunta da tutta la sua famiglia originaria) si puo' dire che tutte queste storie, che storie solamente non lo sono, costituiscono in modo mitico e reale la vera identità di Napoli, sin dai tempi della sua origine.


Con queste informazioni ho solamente introdotto alcune basilari informazioni e riferimenti al mondo culturale che esiste in virtu' degli archivi del saopere delle epoche trascorse, materiale unico e che tutti dovremo conoscere per capire che il futuro è fatto del suo passato.








lunedì 12 luglio 2010

SIRENE, ISTRUZIONI PER L'USO. (DA OMERO).

Alle sirene giungerai da prima,
che affascinan chiunque i lidi loro
con la sua prora veleggiando tocca.
Chiunque i lidi incautamente afferra
delle Sirene, e ne ode il canto, a lui
nè la sposa fedel, nè i cari figli
verrano incontro sulle soglie in festa.
Le Sirene sedendo in un bel prato,
mandano un canto dalle argute labbra,
che alletta il passeger: ma, nono lontano,
d'ossa d'umani putrefatti corpi
e di pelli marcite un monte s'alza.
Tu veloce oltrepassa, e con mollita
cera de' tuoi cosi' l'orecchio tura,
che non vi possa penetrar la voce.
Odila tu, se vuoi; sol che diritto
te della nave all'albero i compagni
leghino, e i piedi stringanti e le mani,
perchè il diletto di sentir la voce
delle Sirene tu non perda. E dove
pregassi e comandassi a' tuoi di sciorti,
le riorte raddoppino ed i lacci.

(Omero, Odissea, XII, 52-73)

SEMPLICI FANCIULLE........

Semplici fanciulle punite perchè non avevano saputo difendere la loro compagna di giochi o perchè
erano rimaste insensibili ai richiami dell'amore?
Rappresentano la vendetta sull'amore o le lusinghe dell'amore ?
Sono simbolo della seduzione intellettuale cui Orfeo risponde con l'arte e Ulisse con la curiosità o raffigurazione degli ostacoli e dei pericoli della navigazione nel tratto di mare di cui il mito le fa dominatrici ?
Sono soltanto uno dei numerosi esseri ibridi , di genere misto, umani e ferinamente divini come ne creo' tanti l'uomo nell' antichità o la personificazione specifica di una paura, un desiderio, una aspirazione che ancora ci sfugge e, dunque, ancora ci affascina?

Mutata nelle sembianze da donna-rapace, talvolta barbuta, a seducente donna-pesce, la Sirena ha attaraversato i secoli: in fondo e' l'uomo che non vuole farla morire.

Watersnakes II by Gustav Klimt

ALLA RICERCA DELLA SIRENA PARTENOPE

Gli anni passano e i cambiamenti della società portano la mano del tempo sugli edifici della città di Napoli.
Il corpo di Napoli mantiene attualmente una fortissima identità del suo passato e ciò e' visibile ora nella fusione e nell'ibrido dei quartieri che vanno ammodernandosi.
Ma l'anima viva, lo spirito di questa città, che tutti noi sentiamo palpitare camminando a piedi dove trova il suo simbolo che sempre si rinnova nei secoli dei secoli?
Ho voluto quindi immaginare che la migliore metafora per una ricerca di risposte e documentazioni sia quella del Turista che vuole trovare la Sirena, col suo nome originario di Partenope ma nelle mille forme delle Ondine, Nereidi, Najadi, Oceanine, Ninfe, creature simbolo di una città vivente dai mille volti ammalianti.

Quindi tra terra e mare,
meta' uomo e metà donna,
tra Napoli di sopra e Napoli di sotto,
per Mergellina o Capodimonte
da Castel sant'Elmo a Via Marina
il Turista va.

E i turisti siete anche VOI
che potrete seguire questo blog che vi presentera' i documenti della ricerca della sirena, ovvero
l'incantamento di Napoli nei suoi tesori paesaggistici, gastronomici e del popolo di oggi.

Benvenuti