che affascinan chiunque i lidi loro
con la sua prora veleggiando tocca.
Chiunque i lidi incautamente afferra
delle Sirene, e ne ode il canto, a lui
nè la sposa fedel, nè i cari figli
verrano incontro sulle soglie in festa.
Le Sirene sedendo in un bel prato,
mandano un canto dalle argute labbra,
che alletta il passeger: ma, nono lontano,
d'ossa d'umani putrefatti corpi
e di pelli marcite un monte s'alza.
Tu veloce oltrepassa, e con mollita
cera de' tuoi cosi' l'orecchio tura,
che non vi possa penetrar la voce.
Odila tu, se vuoi; sol che diritto
te della nave all'albero i compagni
leghino, e i piedi stringanti e le mani,
perchè il diletto di sentir la voce
delle Sirene tu non perda. E dove
pregassi e comandassi a' tuoi di sciorti,
le riorte raddoppino ed i lacci.
(Omero, Odissea, XII, 52-73)
